Non è certo una mia frase, ma l'avrei voluta mettere come sottotitolo della mia tesi di laurea, una poco entusiasmante tesi sull'introduzione del part-time in Italia. Dico poco entusiasmante, perché studiavo a confronto il caso italiano e quello svizzero e le conclusioni erano evidenti: due persone a part-time in Italia costavano al datore di lavoro più di una persona a tempo pieno, quindi evidentemente questa forma contrattuale non avrebbe avuto alcuna possibilità di diffondersi in modo concreto. Io ho sempre lavorato, mi sono laureata in corso, con 6 mesi di lavoro durante il percorso di studi, dopo 2 settimane dalla laurea avevo già un lavoro e posso dire di non essermi sempre guadagnata ogni lira/euro che i miei datori di lavoro mi hanno dato. Ho rinunciato sicuramente a tantissime cose, ma ringrazio Dio per non aver rimandato la decisione di cercare un figlio,
perché forse se avessi aspettato ulteriormente, mia figlia oggi non sarebbe con me. La diagnosi di endometriosi dopo 2 anni dal parto e la consapevolezza una volta conosciuti i sintomi che tale malattia era già presente da molti anni mi ha fatto comprendere quanto io sia fortunata per avere quella piccola bionda tremenda e adorata bambina. Quest'anno un secondo evento, una brutta polmonite con un ricovero ospedaliero e un recupero lungo mi hanno nuovamente fatto riflettere e decidere che non volevo proseguire un lavoro che non mi piaceva, dove in tanti anni non ho imparato nulla e dove per di più non venivo pagata con regolarità (per usare un eufemismo). Non ho ancora definitivamente chiuso la parentesi lavorativa, ma spero possa essere una questione di pochi giorni/settimane. Cosa farò della mia vita ? Non lo so, voglio provare questa mezza follia dell'università, tentare di intraprendere una strada che probabilmente avrei potuto scegliere tanti anni fa. Vorrei provare a fare di più la mamma, la moglie e perché no, la casalinga e la studentessa. Ce la farò ? Questo non lo so ancora, ma non voglio lasciare nulla di intentato. Ogni cosa ha un significato e io credo che lo "schiaffone in faccia" del ricovero ospedaliero sia servito a darmi una svegliata e a farmi capire che non ho mai voluto vivere per lavorare, ma volevo lavorare per vivere. Mi riprendo la vita in mano, dove andrò non è ancora chiaro, ma è sicuramente scritto...devo solo imparare a leggere con il prezioso aiuto della mia famiglia, che mi sostiene con immenso amore.
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